29.11.05

All'aborto


"Bisogna notare inoltre che la società, così accanita nel difendere i diritti dell'embrione, si disinteressa dei bambini dal momento in cui sono nati".


Da quando si è riaperto - forzosamente e strumentalmente - il dibattito sulla 194, e cioè sulla celebre legge sull'interruzione di gravidanza, non ho avuto modo di ascoltare una, dico una, osservazione degna di nota.
Solo un teatrino di fazioni che perdono di vista (vogliono perderlo di vista) lo snodo della questione per eminenti fini elettorali.

In particolare l'idea di rendere i consultori una sorta di anticamera di gestazione corale dell'utero in cui ogni movimento, associazione, gruppo, gruppuscolo pseudo o para religioso possa insinuarsi nella già fustigata decisione della donna mi dà il voltastomaco.
Non resisto: se penso allo scalmanato e "paraocchiato" assalto alla diligenza uterina da parte degli insopportabili attivisti del MpV mi vengono i conati di vomito.

Ed aggiungo, al di là di tutto, che riaprire questa questione in questi termini, in tempi schizofrenici come i mesi che stiamo vivendo e che ci attendono è da totali irresponsabili.

E allora, disperato e stufo delle continue e sterili (s t e r i l i) stoccate reciproche fra i paladini della Vita e i mostri infernali proabortisti (ma pro o contro cosa ormai? la legge c'è: siamo tutti pro, lo abbiamo deciso noi italiani, e ciò vale anche per chi si dichiari contro: l'Italia ha detto trent'anni fa che l'Italia è pro, santo Dio!) ho notato questa frase di Simone De Beauvoir, grande pensatrice.
Sempre estremamente provocatoria ma di un'intelligenza sconfinata.
Quasi disarmante per il modo in cui sapeva affrontare i paradossi e scioglierli.

Mi pare - questa è la mia posizione disarticolata (per quella articolata dovrei scrivere un saggio) - che quanto scritto ne "Il secondo sesso" nel 1949 sia davvero condivisibile.

0 hanno detto la loro: