19.6.06

Venticinque anni. XXV anni. Un quarto di secolo. Cinque lustri. Come la metti la metti: sono mica pochi!

Dunque.

Sabato scorso i miei genitori hanno celebrato - e poi festeggiato, assieme a parenti e soprattutto tanti tanti amici affezionati - le Nozze d'Argento, i loro bellissimi venticinque anni di matrimonio.

Verso la fine dell'omelia ho voluto regalare a mia madre e mio padre qualche riga, buttata giù durante una caldissima nottata di una settimana prima. Vi sintetizzo un concetto molto delicato ed essenziale che hanno saputo passarmi, e per il quale non finirò mai di ringraziarli.

Alcuni cari amici e convitati mi hanno spinto a pubblicare il mio pensiero qui, sul blog - visto anche il successo della mia, per così dire, performance oratoria. [A proposito: sempre più imparo, dopo presentazioni editoriali, lezioni, decine di esami universitari, interviste, discorsi misti che è sempre sbagliato temere il "rapporto" col pubblico, qualsiasi esso sia: l'unico requisito è la preparazione - che certo deve essere ferrea - ad affrontarlo. Ad ogni modo, personalmente l'orazione e il dibattito pubblico mi esaltano].

Quanto segue corrisponde, più o meno, a quel che ho pronunciato in chiesa qualche giorno fa.

In questa giornata di felicità, vorrei concentrare la mia immensa gratitudine ai miei genitori in un solo, ma per me importantissimo pensiero: quello sull'onestà. L'onestà che la mia famiglia ha saputo trasmettermi nel corso di questi 25 anni, che - sottraendone giusto un paio, all'inizio - abbiamo trascorso assieme.
Onestà anzitutto nei rapporti con le persone, nella scoperta dell'Altro: dunque la necessità di dare un senso alla propria vita, un progetto importante, senza però perdere di vista la concretezza dle quotidiano, le difficoltà di chi ha solo bisogno di un momento di attenzione più degli altri.
La lezione essenziale che "forti" e "deboli" non esistono, che le etichette servono solo al dominio: esiste l'uomo, nella sua universalità. Dunque l'onetà nel riconoscere il valore, prima che il prezzo, delle cose che ci circondano.
Poi l'onestà civica: l'idea che nessuno di noi "è un'isola", come ha detto John Donne. E loro, con me, hanno preso alla lettera questo suggerimento, trasformandomi in una penisola: senza mai negarmi il loro smisurato sostegno, e dunque trattenendomi ben saldo a loro, non hanno però esitato a cancellare le inutili paure dell anavigazione in mare aperto e a prestare alle onde una part eimprotante della mia vita, com'era giusto che fosse.
Infine, la più importante delle varianti dlel'onestà, quella affettiva: mi hanno insegnato, anzi educato, a non aver paura di manifestare con franchezza quel che (soprattutto di bello) attraversa il mio cuore e la mia testa. Così come hanno sempre fatto loro, istruendomi nel modo più efficace che esista: con l'esempio. Senza vergogna ma anzi con la gioia di poter mostrare a tutti il loro amore. testimonianza profondissima che, per dirla con Karr, l'amore è "la più onesta della passioni; è la sola che non possa occuparsi della propria felicità senza comprendervila felicità di un altro".
Non mi rimane che ringraziare, certo non solo per questo ma anche per questo, i miei genitori e ringraziare, come fossero vivi (e in effetti hanno avuto una vita vivace e appassionante), i 25 anni che hanno trascorso insieme. 25 anni che oggi ci guardano sorridenti e festosi.
Regalando loro tre versi che, credo, siano il miglior augurio che si potesse pensare.

"Due amanti felici non hanno fine né morte,
nascono e muoiono più volte vivendo,
hanno l'eternità della natura".


Versi finali che - purtroppo e come noto - non sono farina del mio sacco. Ma sono rubati direttamente dal paniere di un grande fornaio della poesia mondiale: Pablo Neruda.

1 hanno detto la loro:

Simone ha detto...

Oddio, caro zbera (mi permetto anch'io di sfruttare la preziosa Z prima del nick): non credo che quanto vissuto sabato sia ild esiderio mio e di Alessia (almeno per ora!). ;) Ti ringrazio molto per le tue parole, sempre sentite ed intelligenti.