Ieri notte, guido sul Raccordo. Sarò sui 120. Forse qualche chilometro in meno, che ho un po' sonno nonostante esca da una serata molto tranquilla e rilassante. Sfido, sono le due e mezza passate.
Su Radio1, Federico Guglielmi passa nel suo Stereonotte una sfilza di brani tratti da una selezione dei cosiddetti concept album. Quei dischi, insomma, nei quali l'intera scaletta ruota intorno a un medesimo tema, argomento, questione. O che raccontano e sviscerano una storia in capitoli successivi e complementari.
Molti legano questa tipologia di dischi al prog rock anni Settanta. Periodo e genere nei quali effettivamente questo approccio "operistico", globale e quasi scenico al prodotto musicale ha avuto il più profondo sviluppo. Però, come giustamente sottolinea lo speaker col suo piglio sapientino ma apprezzabile, di concept ce ne sono stati molti prima e dopo i Seventies.
Quando accendo lo stereo della macchina sono ancora in zona Cinecittà. Non c'è nemmeno la solita Punto dei Vigili urbani all'incrocio con via Palmiro Togliatti. Mi pare che stiano suonano i Genesis, The Lamb Lies Down On Broadway. Sfilo veloce lasciandomi alla sinistra un assurdo e quadrato centro commerciale. Poco dopo, quando sono già all'imbocco del Grande raccordo anulare, attaccano gli immancabili The Who, con un pezzo (ovviamente) da Tommy. Non ricordo quale, però. E la scaletta non è ancora online (male).
Tempo di inghiottire gli Who, e Guglielmi se ne svolazza alla ricerca del capostipite del concetto di concept (sui giri di parole, lo so, sono forte). Lo trova - come molti - nell'ormai mitologico Woody Guthrie e nel suo disco del 1940, Dust Bowl Ballads. E lì, propone in un secondo Tom Joad. La torretta delle Smart, la bretella Centrale del latte-Gra è già alle mie spalle: sono a Colleverde, un agglomerato per (mezzi) ricchi nato sulla Nomentana. Sono sessantotto anni che John Ford ha portato sugli schermi la storia della trasmigrazione statunitense lungo la Route 66.
Stronza e spietata, nasce un'associazione del tutto gratuita. Senza motivo. Inaspettata. Epifanica, direi, se non rischiassi di annoiarvi con la mia fissazione per questo genere di rivelazioni.
Prima di tutto - è facile, ne sono cosciente - sbuca fuori Bruce Springsteen e la sua The Ghost of Tom Joad, datata 1995. Immediatamente, forse a causa di ghost, della parole ghost intendo, "fantasma", nasce l'inghippo notturno. O forse a causa del fatto che Federico Guglielmi proprio non ce la fa a non fare il trito collegamento fra i due pezzi. E la manda in play. Pesante. Intensa. Bellssima. C'è quasi Fonte Nuova, sotto le gomme della Clio nera. Un posto da fantasmi della nuova Europa.
«La maggior parte delle cose che ho scritto riguarda l'America di oggi, anche se trovano le loro origini nel passato. Anche la canzone di Tom Joad non è storica, ma è sull'America degli anni '90» (Bruce Springsteen, intervista di Gino Castaldo, da Il Venerdì di Repubblica, 5 aprile 1996).
Mi torna in mente il compagno di un'amica (conoscente, in realtà) dei miei genitori. Autotrasportatore. L'ho visto solo in una fototessera. Dopo. Mai conosciuto. Ma ne ho avuto alcuni gentili racconti dai miei genitori, che però hanno avuto modo di frequentarlo anche loro molto poco.
È morto carbonizzato un paio d'anni fa, incastrato fra le asfissianti lamiere dell'abitacolo del suo camion. Insomma: adesso non c'è più. Un colpo di sonno, ho saputo. In Puglia, dalle parti del Tavoliere. Così. In uno sbadiglio bastardo. Lontanissimo da casa sua, nelle Marche.
Poi ho pensato al figlio dell'amica dei miei genitori, nato da una precedente relazione, che con questa persona non aveva mai avuto - mi confidano - rapporti straordinari. Ma che ora gli manca tantissimo. Troppo.
Ecco allora, una specie di richiesta d'aiuto: spiegatemi perché la mia testa se n'è volata da Tom Joad - dal protagonista di quell'epopea fondante americana che è raccontata in Furore, il capolavoro di John Steinbeck tradotto in musica e al cinema infinite volte - a questa drammatica vicenda.
E ve ne sarò grato.
10.2.08
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3 hanno detto la loro:
ogni tanto mi fai paura... ;-)
Ogni tanto mi faccio paura.
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