Uno strabordante poema cavalleresco della modernità, che ha le qualità di quei magnifici e impeccabili plastici degli architetti: riprodurre in scala, senza preoccuparsi eccessivamente di una contestualizzazione in certe occasioni pleonastica, le complicate dinamiche di un periodo storico fra i più tribolati d’Italia. Un romanzo di formazione? Forse, se non fosse che la famigerata etichetta è ormai logora e priva di efficaci implicazioni. Prima di tutto, però, un testo esilarante, oliato e curato fin nel minimo dettaglio, feticista fino al midollo nel suo impastare oggetti, sapori, reliquie, costumi e ricordi di un decennio – quello dei Settanta - che valse un secolo per il sudore e le passioni che vi si sprigionarono, spesso, come in questo caso, senza ragioni apparenti. Ma soprattutto, e semplicemente, divertente, grazie ai meccanismi narrativi – l’iterazione, l’iperbole, i parallelismi e il contrasto riproposto in cento salse diverse, tutte profumatissime - che l'autore romano conosce e applica a menadito, manco fosse un chimico impegnato in laboratorio.
La voce narrante – e i “dispacci” quotidiani - è quella del perfido e nietzschiano Maligno, quattordicenne benestante impegnato a difendere il proprio onorabile lignaggio: vero duce de li signuri – e fidanzato della venerabile Scopinculo – Marinho pattuglia il territorio a bordo del suo Fantic Motor Caballero, ingegnando coi suoi prodi nuove strategie d’attacco. Attorno alla sua battaglia – che sembra così profondamente sociale da rivelarsi, come sempre nell’adolescenza, sostanzialmente privata – si muove un assurdo teatro di guerre giovanili ma non troppo, pieno di imprevisti, trabocchetti, lancinanti verità e franche scazzottate. Sostenute – e qui sta la cifra di D’Amicis e del libro tutto – da un linguaggio volutamente pomposo e sarcasticamente aulico, ma spietatamente preciso. Non una virgola di troppo, non una riga più del necessario. D’Amicis riesce in un’impresa colossale: costruire una finzione dentro la finzione. Acciuffare cioè il lettore in uno strettissimo, doppio passaggio finzionale: quello dalla sua realtà al libro, e quello dal libro alla realtà concepita, inquadrata e vissuta dal mefistofelico Maligno. Un delizioso gioco di specchi per raccontare, attraverso i nettissimi quanto fragili confini di ieri, la radice dell’umoristica babele odierna.
[Carlo D'Amicis, La guerra dei cafoni, Minimum Fax, 224 pagine, 13 €]
Pubblicata anche qui.
2 hanno detto la loro:
Recensione meravigliosa. Credo - anzi no, ne son certo - che lo andrò immediatamente ad acquistare.
Grazie assai caro Damiel.
Mi dai una delle soddisfazioni più grandi, per chi scrive: sapere che anche un solo tuo lettore possa accordarti una fiducia tale da correre, in questo caso, in libreria. ;)
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