La fine della vita è un’opera d’arte? Verrebbe da rispondere, scevri da ghirigori linguistici, che tutti i crocifissi dipinti, scolpiti, incisi e fotografati in saecula saeculorum incarnino la soluzione della capziosa questione. Il Cristo morto del Mantegna non è forse il tripudio icastico di un cadavere, per quanto sacro? La magagna è un’altra se Gregor Schneider, uno dei maggiori artisti tedeschi, s’è messo in cerca di un moribondo disposto a passare gli ultimi attimi della propria vita in uno spazio pubblico, museo o galleria è indifferente. È necessario – nel postmoderno e promiscuo tempo profano – edificare un nuovo tabù, se quello della morte ha da tempo ceduto di schianto? A posse ad esse non valet consequentia.
Pubblicato sul numero di giugno di Inside Art.
13.6.08
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
| Torna su ↑ |
2 hanno detto la loro:
vorrei poter dire di essere sorpresa, sconvolta. ma non lo sono. la società, purtroppo, ci ha abituati anche a non indignarci più.
Il quesito, poi, si gonfia quando entra in ballo la domanda:
"E' arte?".
Posta un commento