Da mercoledì prossimo il mercato dei diritti d’autore musicali rischia di cambiare faccia. Come hanno infatti riportato (in maniera piuttosto confusionaria, a dire il vero) molti quotidiani di oggi, il commissariato europeo alla concorrenza, capitanato dall’olandese Neelie Kroes, proporrà un pacchetto di misure che si spera possa servire a smuovere le torbide acque di questo intricato settore.
Due, in sostanza, i provvedimenti significativi. Il primo mette sotto accusa la Cisac, Confederazione internazionale detentori diritti, in merito ad alcuni aspetti dei contratti di cessione diritti d’autore architettati da questa sorta di ragnatela delle diverse Siae internazionali. In particolare, la Commissione proporrà che i vincoli tuttora esistenti relativi alla compravendita delle licenze di riproduzione siano eliminati.
Allo stato attuale, infatti, l’accesso al materiale musicale (ma non solo) estero è possibile esclusivamente attraverso la società per i diritti d’autore della propria nazione, senza possibilità di individuare e scegliere i “compensi” da versare più vantaggiosi nelle Società per i diritti degli altri membri europei. Per acquistare i diritti, per esempio, di un brano di un artista tedesco che accompagni i titoli di coda di un film italiano, la produzione nostrana deve obbligatoriamente rivolgersi alla Siae, senza nemmeno l’opportunità di vagliare i prezzi della Gema, l’istituto teutonico o di un altro istituto ancora. Niente concorrenza, prezzi alti e inamovibili, mercato chiuso: questo il ragionamento degli uffici della Kroes. Per questo sembra che la Commissione darà infine ragione al colosso Bertelsmann, che nel 2000 aveva sporto una denuncia all’Ue proprio a causa del fatto che ogni emittente del proprio gruppo editoriale dovesse di volta in volta rivolgersi alle Società dei vari paesi in cui operano per acquisire i diritti: una società che voglia acquistare i copyright potrà dunque farlo attingendo all’intero mercato delle consociate europee, scegliendo il miglior prezzo.
Molti si sono opposti, dichiarando che si darà così il via a una corsa al ribasso nelle cessioni dei copyright. D’altra parte c’è anche da dire che attualmente non tutti sono in regola. Non tutte le emittenti e i privati che vogliano farne uso, infatti, acquistano e pagano regolarmente i diritti d’autore. Anzi, si tratta di una minoranza. A fronte di una tariffa più accessibile, dunque, c’è da sperare che chi è fuori legge possa così mettersi in regola e che quel che si perderebbe abbassando i prezzi, si recupererebbe tramite l’emersione delle miriadi di società che se ne infischiano del diritto d’autore.
L’altro punto all’ordine del giorno, più controverso,consiste nell’allungamento dello sfruttamento del diritto d’autore da 50 (ma in Italia era già fissato a 70 anni) a 95 anni dalla morte dell'ultimo coautore. Questa scelta appare tuttavia come un regalo alle società di edizioni – più che alle case discografiche, come erroneamente affermano alcune testate. Una dannosa concessione ad artisti (e soprattutto a estranei nipoti e pronipoti che mangiano sulla creatività di nonni e bisnonni, tipo Hugh Grant in “About a boy”) che continueranno a percepire i diritti, attraverso le società editrici, anche per brani e composizioni depositate dai loro vecchi oltre mezzo secolo prima.
Davvero l’ultimo dei modi per aiutare il mercato editoriale musicale, e quindi discografico, a darsi una scossa.
13.7.08
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