20.12.06

Pacs: strumento di democrazia

A me pare davvero assurdo che si stia ANCORA discutendo dei diritti da riconoscere alle coppie di fatto.

Mi pare assurdo perché - come praticamente per tutte le questioni che sfiorano appena i diritti e i doveri della persona fisica - in Italia si apre sempre ed inevitabilmente un fossato apparentemente invalicabile scatenato da toni da crociata davvero puzzolenti. E frutto oltre tutto di un dibattito che - se fosse sano e scevro da imbarazzanti, ideologizzate e convenienti sterzate di parte - sarebbe senza dubbio di grande utilità anche al fine di individuare gli strumenti legislativamente più adatti a regolamentare situazioni spesso spinose - certo non in questo caso. Ma che, nella corrotta situazione attuale, risulta a dir poco mistificatorio. Oltre che ridicolo.

Nessuno vuole equiparare la famiglia costituzionalmente garantita alle coppie di fatto con l'introduzione dei Pacs o di qualsivoglia altro istituto giuridico architettato per l'occasione. Questo bisogna dirlo forte e chiaro. Anche perché - mi pare davvero tautologico - se le coppie di fatto attualmente presenti in Italia avessero voluto trasformarsi in famiglie giuridicamente intese l'avrebbero già fatto. Insomma: credo che chi scelga di convivere sia il primo a desiderare di poter disporre di altri e differenti strumenti giuridici per "regolamentare" la propria situazione. Strumenti che non siano appunto quelli del matrimonio religioso o civile ma nemmeno quelli - scomodi, costosi e complicati - degli atti notarili.

Quindi non c'è nessuna deriva "zapateriana" in atto. Nulla di nulla. Anzi. Anche perché il tiepidissimo centro-sinistra italiano non potrebbe mai arrivare al punto dell'adozione per le coppie gay - che d'altronde nemmeno le associazioni dei gay rivendicano, quindi è un classico argomento estremizzato da parte delle destre becere o populiste e dallo zelantissimo centro teodem- o all'equiparazione fra matrimonio etero ed omosessuale. Lo ha dichiarato Piero Fassino chiaro e tondo, ma non è che aspettassimo lui per capirlo. Dunque le argomentazioni strumentali dei Casini di turno sono davvero la quintessenza della demagogia: posizioni e dichiarazioni che hanno cioè l'obiettivo fondamentale di banalizzare la questione - che invece andrebbe affrontata col massimo rispetto - in maniera inacettabile, affrontandola in modo volutamente semplicistico e confondendo così le acque.

Detto questo rimane il fatto di fondo, che nessun Casini-sta potrà negare e che prima o dopo sarà destinato a trovare una propria sistemazione legislativa - di questo ne sono fermamente convinto: la società cammina verso forme di questo tipo. La liquidità dei nostri tempi ci disegna sotto gli occhi un Occidente sempre più segnato dai divorzi, da un saldo demografico sostanzialmente fermo allo zero, da doppie-triple-quadruple famiglie (quelle si, che sono più vere delle coppie di fatto?), da mamme-nonne nonne-zie multi-papà, da situazioni complicatissime ed intricate. La forma-famiglia di cui tanti si riempiono la bocca è già sostanzialmente diversa - e forse è già morta - da quella di trenta anni fa e lo sarà sempre di più: sfido, con 1,28 figli a donna. Nello stesso tempo, sotto la facile etichetta di coppia di fatto si raccoglie una varietà infinita di situazioni delle quali lo Stato non potrà non farsi carico, così come combatte la droga (perché si fa carico di combatterne il consumo) o così come combatte e/o regolamenta qualsivoglia fenomeno dopo averne constatato l'esistenza: dai giovani come me che - magari "sperimentando" quella che un domani potrebbe trasformarsi in una famiglia come quella che lorsignori auspicano - tentano un'avventura insieme, a due anziane signore che si uniscono perché rimaste entrambe sole in vecchiaia. Dai gay alle lesbiche che ancora combattono contro una cultura che li emargina e se non li emargina li riduce a macchiette da battuta, da separati con pratiche di divorzio intricate che nel frattempo tentano di ricostruirsi una vita a due conviventi per scelta pura. E via elencando.

Nel contempo chi contesta il Patto di Solidarietà Civile non comprende che, paradossalmente, uno strumento del genere potrebbe rappresentare una sorta di sottile trampolino verso quella che - appunto, di fatto - già si configura come una vita comunque familiare e che, magari, in un secondo tempo potrebbe scelgiere di certificarsi come tale. Insomma: il Pacs potrebbe funzionare da risorsa verso il matrimonio poiché garantirebbe a chi ora già è in questa situazione (per molti motivi, ma magari anche per "provare" la propria vita assieme senza dover per forza arricchire gli avvocati nel qual caso non funzioni) o a chi vorrebbe ma non può una tutela che lascerebbe spazi aperti solo "al di sopra". Cioè verso il matrimonio.

Discutiamone, per carità. Ma con la consapevolezza che queste persone ESISTONO e VIVONO già in questa situazione di fatto per le ragioni più svariate. Uno Stato maturo e laico sento dire che molti non sanno più cosa significhi, laico: io lo so, non ho dubbi) dovrebbe garantire ai proprio concittadini anzitutto la scelta insindacabile. Poi, una scelta che comprenda una gamma dignitosa di strumenti giuridici in cui nessuno debba sentirsi di serie b.

Attualmente, quando ascolto vicende come quella - ormai stra-argomentata eppure sempre toccante - di Adele Parrillo, la compagna del regista Stefano Rolla morto in Iraq e sostanzialmente INESISTENTE per le Istituzioni in ogni occasione finanche in quelle funebri e religiose, allora qualche dubbio che esistano cittadini di serie b mi viene. Eccome. Fra questi ci sono quelli che (vorrebbero) avvalersi di uno strumenti che possa certificare la loro unione di fatto.

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