15.1.07

La strage della monade

L'aspetto più dirompente della cosiddetta "strage di Erba" - al solito la pubblicistica si esercita nei suoi epiteti stereotipati - è, come spesso accade in queste situazioni, il "prima" degli assassini. Vale a dire la loro vita precedente, le modalità di esistenza, i rapporti interpersonali. In una parola: la socialità. E' uno degli aspetti cui più ci interessiamo e cui i mass media prestano maggiore attenzione poiché - secondo le nostre fallaci credenze - ci fornirebbe una sorta di identikit dell'assassino: se riusciamo a raccogliere molte informazioni su come si comportavano prima, saremo in guardia su gente simile in cui ci imbatteremo.

Ebbene quel che salta palesemente all'attenzione anche da una rapida analisi degli articoli pubblicati in questo periodo sui due assassini Olindo Romano e Rosa Grazzi appare essere la loro totale indistinguibilità individuale.

La vita dei due coniugi è segnata da una parte da una serie di liti e rotture insanabili - la più palese m'è parsa essere quella della Grazzi con la famiglia. Dall'altra - e soprattutto - da un isolamento pressoché totale: i due erano, come dire, sufficienti l'uno all'altra e viceversa. Non intrattenevano rapporti sociali profondi, non frequentavano altre persone. Vivevano nell'asfissiante autotelismo di una coppia che basta a se stessa. Una monade, una entità prima ed indipendente. Che non necessita la normale ed anzi direi fondamentale immersione nella socialità quotidiana ed anche "speciale", fatta di rapporti giornalieri e di amici, conoscenti, parenti con cui instaurare rapporti lunghi e duraturi. Insomma: non c'era nessuno oltre loro.

E' proprio questo che m'ha fatto rabbrividire: una situazione paradossale, fuori dal mondo, estranea alle più elementari norme di vita sociale ed associata che ha fatto da terreno fertile ai due per mettere a punto una strage tanto ponderata nella premeditazione - quasi perfetta - quanto banalizzata, reificata e dunque deresponsabilizzata sia prima che, mi pare, dopo.

Ecco che la vita sociale nel suo svolgersi - certo non è necessario ma giova tornare all'Aristotele della "Politica" e dello zoon politikon - torna sempre e comunque a configurarsi come elemento imprescindibile dello sviluppo umano. La struttura fondamentale dell'animale uomo è quella politica. L'uomo vive in società, nella società la sua esistenza è caratterizzata da varie forme di interazione politica con gli altri uomini.

Mi sembra davvero ideale ricordare come definiva Aristotele chiunque viva fuori dalla società: chi vive fuori dalla polis - intesa come complesso rapporto di relazioni ed organizzazione sociale - o è Dio o è bestia.

Siamo - mi pare chiaro - nella seconda situazione.

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