2.5.07

Il perdono nella società violenta

Mi ha molto colpito quel "NO, MAI!" pronunciato dalla mamma di Vanessa Russo, la ventiduenne uccisa nella metropolitana di Roma lo scorso giovedì, nel corso delle esequie di questa mattina in una chiesa della borgata Fidene di Roma. Anche il clima intorno alla Chiesa meriterebbe un'osservazione, ma passi.

Mi ha colpito, dunque, per una ragione semplicissima, e direi di dominio comune: il perdono è la chiave centrale del Cristianesimo. E' proprio nella remissione dei peccati che Gesù Cristo, donando ai suoi Apostoli lo Spirito Santo, concedeva appunto loro il potere divino di perdonare i peccati, istituendo di fatto il "perdono" quale baricentro dell'agire umano.
Il battesimo, se ci si pensa bene, è infatti il primo e principale sacramento per il perdono dei peccati: ci congiunge a Cristo morto e risorto e ci dona lo Spirito Santo. Attraverso lo Spirito Santo, proprio come gli Apostoli al Sepolcro di Gesù, siamo in grado di perdonare.

Si dirà: che insana convinzione poter alludere ad insegnamenti pur imprescindibili ma ormai anni luce dalle nostre violente esistenze quotidiane. Si, perché il nostro è un mondo violento.

Il fatto è che - come spesso accade - gli insegnamenti della dottrina cattolica sono molto molto vicini, se non eguali, ai diritti naturali. Si dà dunque il caso che proprio ed esattamente nella società civile, sostiene la Chiesa, il perdono diviene ancor più fondamentale. Senza di esso, ogni torto richiederebbe una vendetta innescando una spirale che getterebbe l'umanità nel caos dell'homo homini lupus hobbesiano. Di qui il richiamo frequente di preti e frati al perdono.

So che è difficile e rischioso avventurarsi in considerazioni del genere quando fatti come quello della giovane romana sono ancora così vicini. Scaldano i cuori e chiedono giustizia.

Credo però che i preti sbaglino ad invocare il perdono da subito, nelle loro omelie. Anche loro, prima di chiederlo, dovrebbero sentire l'inevitabile incomprensibilità del dramma ancora pulsante nei cuori dei parenti delle vittime.

Credo che il perdono necessiti tempo, riflessione e meditazione profonda. Piuttosto, i preti dovrebbero seguire quelle famiglie ed acocmpagnarle verso un perdono vero, anti-retorico e profondo.

4 hanno detto la loro:

bera ha detto...

Ciao, sono d'accordo con te su quanto dici:la necessità che il perdono vada meditato, approfondito, incoraggiato, accompagnato.
Se ne hai voglia puoi andare a leggere quanto ho scritto su tale tematica:http://bera05.blog.tiscali.it/ry2488020/.
Il perdono è un atto di coraggio tanto più eroico quanto più è grande il torto subito.
Quando, come nel caso trattato, si tratta della perdita di una figlia le motivazioni per il perdono devono essere fortissime di eroismo puro.
Il sacerdote nell'omelia poteva essere più attento, poteva cercare di mettersi di più nei panni di quelle persone. Doveva far percepire quanto fosse pesante in quel caso perdonare. Solo, alla fine, quando tutti avessero avuto la percezione della grandezza di quel gesto, così poco umano ma molto soprannaturale, avrebbe potuto dire che (come realmente è) che il perdono sarebbe stato una via da percorre per tentare di recuperare la possibilità di momenti di gioia per loro negli anni avvenire.
Solo tramite il perdono si può tornare a gustare la gioia, elemento così raro, che deriva solo da gesti così importanti che vanno oltre noi oltre il nostro pensiero per rivolgerlo intorno a noi.
L'odio abbrutisce ed intristisce .. ma va a fallo capì!!!

Ciao.

berardo

Simone ha detto...

Caro Bera,
hanno portato avanti la nostra stessa discussione ad Otto e Mezzo di questa sera. ;)
Un caro saluto!

bera ha detto...

Si, l'ho sentita! Sono stato contento che molte cose scritte da noi sono state dette dagli ospiti della trasmissione, sociologi in particolare!! Allora semo forti!!!
Di te lo sapevo!!


Ciao.

berardo

Anonimo ha detto...

Purtroppo la Chiesa odierna e nostrana non sa fare altro che dire banalità, seguire un filone di luoghi comuni e di falsa pietà e di perdono perchè gli fa comodo. I preti non sono mossi da uno spirito pacificatorio, ma da un sentimento di "convenienza". Perchè affannarsi tanto ad aiutare le famiglie vittime di una tragedia come quella di Vanessa, quando si può risparmiare tempo e fatica dicendo una frase come "perdonate"?

Personalmente odio la Chiesa, come odio chi la compone e chi segue i suoi dettami senza un minimo di raziocigno e autocritica.

Ieri sera ad esempio stavo guardando uno speciale sulla pedofilia, viste le recenti vicende alle porte di Roma. La maggior parte delle volte, in moltissimi casi simili sparsi per tutta l'Italia a distanza di anni, erano proprio i preti a difendere gli aguzzini dei minori, indicandoli come "brave persone" e dicendo che i bimbi (per inciso di 3 o 4 anni) si erano inventati TUTTO (riferimenti espliciti sessuali secondo te si possono inventare a 3 anni???). E non lasciava neanche intravedere la possibilità che quei bambini avessero detto la verità.

E' una vergogna.