26.6.07

SCIENZE DELLA COMUNICAZIONE E I BARONI TIMOROSI

Pubblico la versione extended della lettera che ho inviato l'altro giorno a Corrado Augias. Il quale ha espresso, nella sua rubrica delle lettere su Repubblica di domenica 24 giugno, il solito giudizio generico e frettoloso sull'Università italiana. Riservando l'ormai usuale cenno denigratorio ai corsi di Comunicazione.

Lui, Zambardino e tutti i baronotti del giornalismo che periodicamente - quasi fosse un hobby o un dovere - si scagliano senza pietà contro tanti giovani che tentano solo di coltivare il sogno che loro stessi hanno coltivato quarant'anni prima mi hanno MONDIALMENTE rotto i coglioni.

*
Caro Augias,

mi ha molto intristito leggere il suo sprezzante giudizio su Scienze della Comunicazione nell’edizione del 24 giugno. “Non ho mai capito bene a cosa serva”, scrive lei. Vedrò di spiegarglielo.

Sapevo, vista la sua attenzione alle questioni universitarie, che prima o poi avrebbe detto la sua in merito. Ma appunto speravo che, come suo solito, avrebbe distinto, avrebbe tentato di andare oltre l’ormai inflazionato accenno denigratorio che in molti rivolgono a me e alle migliaia di laureati nei vari corsi in Scienze della Comunicazione di tutto il Paese, liquidandoci nemmeno fossimo mezzi diplomati. E comunque senza considerare che siamo, alla pari di tutti i laureati, depositari – spesso in maniera più versatile e snella – di quella cultura universitaria che tanto scarseggia in Italia.

Lo speravo perché, ad esempio, come lei sa non tutti i corsi sono uguali. Dipende da dove sono sistemati, da come sono organizzati, da chi li guida e chi li frequenta.

Io ho frequentato il corso organizzato da Roma Tre (Comunicazione nella società della globalizzazione), ed inserito nella facoltà di Lettere e Filosofia. A numero chiuso con test di ammissione – dal primo giorno della sua esistenza – e fondato da quattro eminenti filosofi e linguisti dei quali ancora degusto le indimenticabili lezioni: Raffaele Simone, Giacomo Marramao, Vito Michele Abrusci e Roberto Pujia. Linguistica generale, Filosofia politica, Logica e Filosofia del linguaggio: non proprio aria fritta. Tutt’altro approccio che altrove – dove si fa lezione nelle tendopoli. Tutt’altra impostazione.

Insomma,un corso di alto livello, caro Augias: ben organizzato, ben gestito, con ottime lezioni e i migliori docenti delle varie Facoltà di Roma Tre ad alternarsi in cattedra – Zeno-Zencovich, Bosetti e Leonelli (che voi di Repubblica dovreste conoscere bene), Potestio. E molti altri.

Lo speravo, inoltre, poiché non credevo ignorasse il potenziale e l’imprescindibilità che degli ottimi laureati in Scienze della Comunicazione (110 e lode, per quanto mi riguarda) rivestono proprio nella nostra temperie, segnata ed immersa ormai in ogni parte del nostro vivere quotidiano nelle dinamiche della Comunicazione. Ma come: Veltroni perde più tempo a scegliere location, impostazione, scenografia e discorso della sua discesa in campo, e ancora ci ostiniamo ad ignorare che oggi la Vita è essenzialmente Comunicazione? Ne viviamo le dinamiche e le conseguenze, ma disprezziamo ardentemente chi tenti di affrontarle quanto più possibile scientificamente?

Ecco: le facoltà di SdC, se ben funzionanti e se frequentate con passione e motivazione (ingredienti sempre più scarsi, su questo convengo in pieno), servono esattamente a questo: non solo, come credete voi giornalisti inchiodati alle vostre poltrone ed anche un po’ impauriti, a sfornare nuovi aspiranti giornalisti - io lo sono, ma da ben prima della laurea ed ho sempre saputo che non c'è laurea che sforni giornalisti, ma il lavoro sul campo. Ma a formare figure in grado di sfruttare la loro competenza nella comunicazione in rami differenti: dal marketing all’economia, al giornalismo all’editoria – anche elettronica: io lavoro in un ruolo che cinque anni fa non esisteva: web content manager.

Si informi, caro Augias. Oppure ammetta francamente di aver ceduto ad una certa superficialità che porta ormai chiunque a sparare a zero sulla nostra bellissima Scienze della Comunicazione. Salvo garantire sull'efficacia di Corsi che hanno totalmente perso - quelli si - ogni prospettiva di sviluppo, come Scienze Politiche.


E poi, mi permetta: il vero problema sta nella PASSIONE. Se questa c'è, il campo di studio è indifferente. Il punto è che migliaia di persone inficiano le Università senza la più pallida idea di cosa fare la mattina successiva: combattiamo la DEMOTIVAZIONE, non Scienze della Comunicazione.

Cordialmente,

Simone Cosimi

18 hanno detto la loro:

Anonimo ha detto...

Tragicamente, ammetto di essere più vicino alle motivazioni di Augias, ma leggere una voce discordante (con un raro sucesso lavorativo in attivo, tra l'altro) m'ha fatto piacere.

Simone ha detto...

Il punto è che, a parte fare la voce discordante, mi preme argomentare come i corsi in Comunicazione, se ben svolti e - come in ogni ambito dlela propria vita - associati a forti dosi di motivazione, servono molto più di tante altre Facoltà.

Dipende, come sempre, da modi/tempi/passione.

Anonimo ha detto...

Il punto è quello anche in molti altri campi: modi e tempi da parte degli insegnanti, passione e motivazione dello studente... dalla mia piccola esperienza personale di confronto con alcuni universitari (o ragazzi che si apprestano ad iniziare l'univerisità), posso però dirti che spesso SdC viene vista come un "ripiego" o un "giusto per far qualcosa", da parte dello studente, senza rendersi conto appieno delle potenzialità (della necessità) di un corso di questo genere. Quando poi ci si ritrova in facoltà dove la didattica è impostata in modo approssimativo, si va di male in peggio, anche per la motivazione personale. Ti faccio solo un piccolo esempio: un'amica che frequenta il 1° anno, fresca di scuole superiori, mi chiede "scusa (tu che sei più grande di me e magari lo sai), mi puoi spiegare cos'è il TFR? perché oggi a lezione - credo si trattasse di un corso legato all'economia - è venuto un tipo a farci un seminario, ci ha spiegato dove è meglio destinarlo, quali sono i fondi convenienti, però non ci ha detto cos'è. Ecco, io di fronte a episodi del genere mi chiedo quanto valga una laurea conseguita lì... Senza dimenticare che il tuo caso è ben diverso, e che fatti del genere capitano anche in altri campi universitari, e spesso anche all'interno della stessa università e facoltà un professore piuttosto che un altro può "fare la differenza" in modo enorme.
ciao
m.

silvia ha detto...

non so nulla su scienze della comunicazione, essendo una facoltà (o un corso di laurea) che non c'è nella città in cui studio. quattro anni fa però fu una delle strade che presi in considerazione come percorso universitario. ed è vero che uno dei motivi per cui alla fine la scartai fu anche la fama che SdC ha: che si studi tanta aria fritta e dopo 3 o 5 anni non si abbia nulla in mano. fu così che decisi di seguire la mia vera passione (fottendomene abbastanza di coloro che mi dicevano: "fai ingegneria, che poi trovi lavoro di sicuro") e mi iscrissi ad architettura. e sai cosa ho capito dopo questi lunghi quattro anni? che alla fine trovare un lavoro non c'entra nulla con il tipo di facoltà che fai. conta, come dici, la PASSIONE. ho capito che quella è l'unica cosa che alla fine, in un mare di laureati, ti distingue dal mucchio. lascio perdere i discorsi su conoscenze e spintarelle. sappiamo tutti come funzionano le raccomandazioni, ci sono sempre state e non saranno mai debellate, punto. posto questo, in mancanza appunto di papà con studio già pronto per i pargoli o di zio che lavora per la spa xy, la passione è l'unica cosa che ti fa ottenere dei risultati. perchè in un'università come la mia, che si vanta di essere una delle migliori d'italia, entrano ogni anni, solo nel mio corso, 600 persone. con tanto di test d'ammissione (sennò sarebbero 1000). solo che poi più tempo ci passi, più capisci che in quella masnada la tua passione serve a poco, perchè al 70% degli iscritti non gliene frega proprio un cazzo di imparare qualcosa. ogni mattina entrano in facoltà per perseguire la loro personale "raccolta punti" e quando saranno arrivati a 180 saranno finalmente contenti. e mamma e papà pure. e quando cerchi di intraprendere una discussione con queste persone e l'unica cosa che riesci a cavarne è una lamentela su voti e crediti, allora ti viene la nausea. decidi che lì dentro ci metterai piede il meno possibile, solo per seguire i corsi che davvero ti interessano, per IMPARARE qualcosa. perchè non si va all'università per imparare? ce lo siamo dimenticati? certo, la raccolta punti la dovrai fare anche tu (anche perchè è una raccolta che costa 2000 euro all'anno), ma le dedicherai solo il tempo strettamente necessario. il resto lo userai, anzi te lo godrai, dove il tuo cervello può davvero assorbire cultura, non solo nozioni. lo passerai con chi ha, come te, un'incontenibile passione, persone con cui, per osmosi, questa vitalità si trasmette ogni giorno. decidi che girerai per il mondo alla ricerca di questa fontomatica architettura, perchè non ti basta vederla sui libri, vuoi attraversarla, farla tua. e scopri che facendo un po' di testa tua qualcuno ti nota, le possibilità, anche lavorative, arrivano. e questa è la gratificazione più grande.
se tornassi indietro, rifarei la scelta di quattro anni fa. ma magari prenderei in considerazione di più anche queste lauree, come SdC, che una falsa pubblicità svuota totalmente. ma soprattutto, comincerei molto prima la mia battaglia contro la la mancanza di motivazione. Concordo pienamente quando dici "il punto è che migliaia di persone inficiano le università senza la più pallida idea di cosa fare la mattina successiva: combattiamo la DEMOTIVAZIONE, non Scienze della Comunicazione". perchè il problema oggi, e non solo nell'università, è che la gente non ha passione: ci trasciniamo stancamente da un giorno all'altro, senza un minimo di prospettiva o ambizione (nel senso positivo del termine) che vada al di là di quale locale scegliere per il sabato sera. per carità, ognuno fa della sua vita quello che vuole, ma la nostre scelte si ripercuotono sempre anche sugli altri ed esponenzialmente sull'intera società.

silvia ha detto...

p.s. scusa se come al solito scrivo dei commenti fiume...è che certe tematiche mi stuzzicano particolarmente... :-)

Anonimo ha detto...

""al 70% degli iscritti non gliene frega proprio un cazzo di imparare qualcosa. ogni mattina entrano in facoltà per perseguire la loro personale "raccolta punti" e quando saranno arrivati a 180 saranno finalmente contenti. e mamma e papà pure. e quando cerchi di intraprendere una discussione con queste persone e l'unica cosa che riesci a cavarne è una lamentela su voti e crediti, allora ti viene la nausea""
è tipico dello iuav (non vedo l'ora di uscirne), ma credo/temo non solo di lì. purtroppo va a finire spesso che sono sempre e solo le persone (poche) quelle su cui puoi fare affidamento, e non l'università nel suo complesso come invece sarebbe giusto che fosse.

(Simone, approfitto della tua ospitalità... spero non ti dia fastidio ;-)
ciao
m.

Simone ha detto...

Constato, per fortuna, che c'è gente come voi in grado di affrontare la questione con tanto sale in zucca e con la giusta problematicità.

@Mariz: "Ecco, io di fronte a episodi del genere mi chiedo quanto valga una laurea conseguita lì..."
Ti assicuro che cadute di braccia simili sono GENERALIZZATE e trasversali (...almeno lei sapeva dove destinarlo, quell'enigmatico TFR...;).

E poi insisto: SdC NON è la stessa dappertutto. Ci sono grosse variazioni da Facoltà a Facoltà (senza contare che io sono stato e sono attualmente a Lettere, donc...)

@Silvia: sottoscrivo il tuo commento dalla prima all'ultima lettera.

Viva Dio: I'm not hangin' around...non-sono-solo...

silvia ha detto...

già, quest'ultima è una delle poche consolazioni... anzi, grazie per aver proposto questo argomento, mi sono potuta sfogare un po'... ;-)

Anonimo ha detto...

Carissimo Simo, non mi sono fatta sentire causa esami.....
però ho qualcosa da chiederti: cos'è un "web content manager"?
Mi spiego: io sto facendo astronomia, non chiedetemi cosa mi è venuto in mente quando ho deci, ma al momento sto pensando di fare qualcos'altro..
Quindi questa tua lettera mi ha molto incuriosita, soprattutto perchè l'anno prossimo mi piacerebbe fare qualcosa di totalmente diverso da quel che sto facendo ora....
Beh, grazie in anticipo, ci sentiamo!

silvia ha detto...

già...web content manager: definizione? illuminami...

silvia ha detto...
Questo commento è stato eliminato dall'autore.
Simone ha detto...

Eccomi!

Web Content Manager: beh, sarà complicato. Tenterò di darvene un quadro chiaro.

Il Web Content Manager (in gergo semplicemente content, le sineddochi servono sempre) si occupa di tutto quello che riguarda l'universo dei contenuti di uno o più siti internet, di portali e simili.

Imposta la strategia gestionale del contenuti (cosa pubblicare, come pubblicare, quando pubblicare).
Reperisce i contenuti (testi, immagini, clips) coordinando e gestendo il team di editors ed eventualmente produce in piena autonomia quanto ritiene opportuno o quanto gli viene quotidianamente richiesto dai Ceo's.

Gestisce l'intera fase di pubblicazione del materiale (reperimento e preparazione foto, impaginazione, titolazione) grazie a software specifici o procedure di back-office.

Interviene in parte anche di sponda alla divisione marketing (rassegne stampa, mailing, interviste, banner e loghi, pareri).

Se poi il suo settore, come il mio, è creativo ed artistico, allora il content ha a disposizione diverse opportunità per sforare dal suo ruolo di "caporedattore online" per inserirsi anche in pareri artistici ed agire così di sponda al dipartimento A & R (artists % repertoire. Tradotto: talent scouting e direzione artistica).

Insomma, un ibrido fra un giornalista, una persona attenta al marketing, un critico, un esperto di comunicazione, un grafico, un drogato della rete. ;)

silvia ha detto...

wow! tutto in uno? e si riassume in sole tre parole?!? ;-)

silvia ha detto...

ah, a proposito di comunicazione... http://www.repubblica.it/2005/b/sezioni/scienza_e_tecnologia/
mondomac/iphone-comunicazione/iphone-comunicazione.html

Simone ha detto...

No, volendo si riassume anche in una sola parola: content.
;)

Grazie per l'articolo!

Anonimo ha detto...

Ciao,
mi è capitato di vedere questi commenti e così ho pensato di scrivere cosa penso.
Mi chiamo Fabrizio e sono laureato in comunicazione d'impresa (laurea quinquennale)a Palermo. Allora, io ho dovuto passare una selezione durissima per entrare in questo corso e ho studiato materie come:economia politica, organizzazione aziendale, marketing management, statistica sociale, metodologia della ricerca, diritto pubblico, inglese commerciale (c'è gente che per superarlo ha impiegato 3 anni)ecc.e ancora sento gente denigrare questo corso di laurea? Ma io me ne strafotto dei commenti di un pugno di ignoranti che non sanno neanche perchè questo corso si chiama così! Naturalmene non ci sono dubbi che grazie a questa merda (e scusate i toni)di riforma i corsi sono diventati tantissimi e la stragrande maggioranza non ha niente a che vedere con la comunicazione. Questi sono nati in facoltà che perdevano matricole e per attirarne di nuove creavano corsi di comunicazione (ma quale comunicazione?). Per colpa di questi rettori ci troviamo adoverci difendere da tanti ignoranti che non capiscono un cazzo e fanno di tutta l'erba un fascio. Io ho impiegato 6 anni e mezzo per laurearmi studiando anche otto ore al giorno e la media era quella anche per i miei colleghi. Oggi faccio un dottorato di ricerca in sociologia e devo dire che moltissime imprese sono alla ricerca di questa figura professionale. Mi fermo ma avrei tanto da dire.....
ciao
Fabrizio

Simone ha detto...

Caro Fabrizio, hai ragione piena. Era proprio quanto ho tentato di sintetizzare ad Augias.
Buona fortuna.

Simone ha detto...

Caro Fabrizio, hai ragione piena. Era proprio quanto ho tentato di sintetizzare ad Augias.
Buona fortuna.