I suoi personaggi hanno rappresentato, davvero, uno dei pochissimi modi nei quali si dovrebbe fare comicità e satira nel post-moderno.
Fra l’altro, non mi affeziono difficilmente ai comici: non ho, infatti, mai avuto il gusto di legarmi feticisticamente al filone del comico. Raramente vedo i film, per esempio. Non stavo davanti a Zelig - l'unic frequentazione rimane il mitico Mai Dire Gol, ma non ho mai apprezzato le variazioni successive - e non partecipo alle serate di cabaret che proliferano a Roma. Ma Albanese fa eccezione. Da sempre. Da Epifanio. E poi da Uomo D’Acqua Dolce.
Questo perché la sua arte è una mistura sopraffina di popolarità e surrealismo comico. Vale a dire: ha il pregio di far ridere con grande intensità. Però è come se ti dicesse sempre: “Aspetta! Guarda che tu ridi, ma Cetto La Qualunque è il tuo sindaco! E' il tuo capoufficio! E' il tuo preside!”. Quindi: mai in maniera troppo diretta. Con Albanese c’è sempre bisogno di un breve scatto, del clic spitzeriano (?). Di un’analisi positivamente radicale: scavare nelle fondamenta dei suoi personaggi. Che sono infatti sagome immortali: non sono costruiti al semplice fine di veicolare la satira. Ma sono satira e comicità essi stessi. Incarnano la declinazione di alcuni tipi italiani con un registro molto vario.
A volte, pendono più verso la parodia. Altre volte, verso il non-sense. Il più delle volte, però, sono una sorta di realissima rappresentazione delle brutture italiote. Ecco perché, in apparente contraddizione, la sua comicità è anche e soprattutto surreale: perché siamo ormai immersi in un meccanismo continuo di contraffazione, copertura, cancellazione delle brutture a vantaggio di un facile e soporifero luccichio quotidiano, che vedersi rappresentati – alla radice – alcuni tipi totalmente onesti e grezzamente schietti nelle loro assurda verosimiglianza – e penso, appunto, ad uno per tutti: l’antipolitico La Qualunque, quello di “Chiù pilu pi tutti!” - risulta quasi insostenibile.
Ecco perché Antonio Albanese, il gentile propositore di storture umane realissime in salsa talmente chiara, e quindi antiretorica, da risultare infine surreale, non è amato da molti. Perché la comicità dell’ultimo decennio ha scelto alcune strade facili che hanno viziato il pubblico, stordendolo e impigrendolo assai: il puro gioco linguistico. Il cinismo fine a sé stesso. L’urlo e lo schiamazzo, che pretendono la risata. Il pubblico, si direbbe, non dispone più degli strumenti necessari a decodificare forme più mediate e complesse.
Albanese no. Albanese costruisce personaggi della porta accanto. Tanto veri quanto irreali. Tanto verosimili quanto spietati - devo ricordarvi l'insostenibile Alex Drastico? Tanto impresentabili quanto possibili. E quando, effettivamente, si tratta di sagome “fuori dal Reale”, sono comunque simboli e coacervi del sentire comune. Per me, il Ministro della Paura – visto nel suo spettacolo teatrale della scorsa stagione, Psicoparty – è una delle più azzeccate e strazianti invenzioni comiche del secolo. Del nostro secolo.
Stasera Cetto La Qualunque torna in Rai. Dopo quattro anni. Dopo Non c’è problema, oasi gentile e raccapricciante che tanti sonni ha accompagnato, chiuderà le puntate del sabato di Che tempo che fa di Fabio Fazio.
Saremo tutti lì davanti, a far schioccare le nostre lingue col labbro inferiore, come faceva Epifanio, buon vecchio amico di tanti inverni adolescenziali.
3 hanno detto la loro:
Non posso parlare Italiano. I wish I could speak Italian.
ti ho nominato...
ciao
Albanese è il mio comico preferito. Non ho uno scrittore preferito. Un musicista o un gruppo preferito. Ma ho un comico (definizione riduttiva) preferito: Antonio Albanese.
Ciao Simone, sono resuscitato.
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