31.10.07

DITEMI

Ditemi che sono fascista. Ditemi che lo sto divendando. Senza scampo. Ditemi che mi faccio travolgere/sconvolgere dell'emozione di una notizia. Ditemelo. Perché tanto io lo so che non è vero. Ho il pelo sullo stomaco, io. Me lo disse un professore, qualche anno fa. Ma 'sto pelo, prima o dopo, s'esaurisce. S'assottiglia. Sparisce. Ne serve di una specie nuova. Più ruvida. Più tosta. Più resistente.

Ditemi che ho votato alle primarie del PD. Ma di questo passo finirò col mettere un segno sul simbolo del più xenofobo dei partiti in circolazione. Sapendo di sprecarlo. Pur avendo trascorso anni e anni a studiare, approfondire, capire le ragioni di certi gesti, capire la Storia, l'immigrazione, le persone e le culture. A scrivere, a riflettere. A far l'intellettuale dei miei coglioni.

Ditemi pure che i problemi "sono sempre più complessi". Sono sempre il primo, in realtà, ad affermarlo. Ovunque. Davanti a una pizza o in un'aula universitaria o ancora in una redazione. Lo affermo da anni. Lo ribadisco quando mi chiedono: "sei con noi o contro di noi?". Quando mi intimano di scegliere rosso o nero, vero o falso, pro o contro. Parto sempre con premesse del genere. Sono il barboso della situazione: quello che bisogna star lì ad ascoltare. Mi attrezzo di ogni dato disponibile, di ogni informazione utile e di ogni riflessione preziosa per capire al meglio. Per sintetizzare. Per poi poter dare un mio parere. Argomentato. Argomentando.
Ho studiato con Giacomo Marramao, non con vostro nonno. Mi sono laureato in Semiotica della scrittura. Che è una disciplina che studia come decodificare i "testi". E la realtà. Cioè: come non parlare a vanvera. Mi sono spaccato la schiena piegandomi sui libri. Sapendo che prima di deliberare bisogna assolutamente conoscere. E che non si possono sputare fuori giudizi incontrollati. E allora: sono anni che conosco.

Ditemi, ancora, che le ragioni non vanno mai ricercate nel caso singolo, nella fattispecie, come dicono i togati. Ma nella situazione generale, nella temperie socio-culturale. E vi dirò che avete rotto il cazzo. Il termine socio-culturale, io che ci sto dentro e che dovrei scriverne, parlarne, analizzare il "socio-culturale", comincio a odiarlo.

Ditemi che non si possono affrontare certe emergenze in preda al furore. E vi risponderò che se sono emergenze, vanno affrontate in preda al furore. Altrimenti non si affrontano più.

Infine, non mi rimarrà che appellarmi a un dato essenziale, l'unico grazie al quale evito la pazzia quando leggo queste notizie: il principio della responsabilità penale personale, dall'avvento della Repubblica, è stato elevato al rango di norma costituzionale (art.27 c.1 cost.).

In Italia, chiunque deve rispondere delle proprie azioni. Che sia romeno, sardo, veneto o afgano.

La magistratura deve tagliare le polemiche alla base. E applicare le leggi. Stavolta, mai più che in passato, ad personam.

7 hanno detto la loro:

Anonimo ha detto...

prova

Simone ha detto...

Mi mancavi.

Anonimo ha detto...

Davvero tempi duri per chi si pone il problema della riflessione, anche di fronte a eventi assurdi come questi.

(ma 'sto abitudinario del "prova"?)

Simone ha detto...

Bravissimo Damiel. Questo era il punto. Tempi duri. Durissimi.

Non so. Dev'essere un maniaco. O qualche ex-amico invidioso. In ogni caso, mi ci sto affezionando, a questa prova periodica. ;)

Anonimo ha detto...

E allora.. what about il nuovo decreto legge?

silvia ha detto...

ehm...ero assente dall'italia e sono a diguno di notizie di cronaca italiane da una settimana. da cosa nasce il post?

in ogni caso, sì, tempi durissimi. a volte viene quasi voglia di smettere di riflettere. per fortuna questa tentazione poi sparisce, rapidamente come si è presentata.

Simone ha detto...

C'è un link nel post, Silvia. Ti porta al pezzo.