Si parte dai territori di un cantautorato rock straziante e chirurgico, che parla di “carne e sangue”, dell’amore e dei suoi demoni, di quanto sia difficile volersi bene. Da quei “Piccoli fragilissimi film”, insomma, che sono stati - per spessore umano e idee musicali - un colpo in pieno stomaco alla spocchiosa scena italiota. Una variazione continua sulle sensazioni. Un ricatto all’ascoltatore, inchiodato al muro in un perpetuo crescendo armonico e melodico.
“Liberarsi dai fantasmi del passato non è mai facile. Si deve sempre tentare di passare una linea, spostando il limite in avanti. E bisogna farlo bene”, confida Benvegnù. E allora anche il nuovo disco passa la linea. Va oltre.
Se nella prima parte – “La schiena”, “Amore santo e blasfemo” e “La peste” – si riallaccia al discorso aperto quattro anni fa, nella seconda si scioglie. Non si pente, ma si apre a intarsi e soluzioni nuove “sostenute da una ritmica che rimane sempre presente”. Dagli arrangiamenti che si sviluppano in lunghissime chiusure d’archi agli inserti jazzati. La forma canzone ne esce rivista. Le ballate diventano sbilenche ed elegantissime. Soffici e raccolte.
“Lo confesso, e quasi mi libero: è il primo disco del quale sono completamente soddisfatto. Il primo, in assoluto. Compresa la stagione degli Scisma”.
Il fatto è che Paolo Benvegnù è disarmante, nella sua genuinità: i suoi pezzi, come lui, vivono di pura verità. Non (ci) nascondono nulla.
Pubblicato sul numero di marzo di Inside Art. © 2008 Guido Talarico Editore
5 hanno detto la loro:
bellissima "la schiena".
lentamente, con un ritmo constante.
Sempre pronta, eh? ;)
sono i tuoi post che arrivano sempre con un tempismo pazzesco...
Album stupendo. Anche io l'ho recensito benissimo!
http://www.rockol.it/recensione-3657/Paolo-Benvegnù/LE-LABBRA
Carina la recensione, Erk. ;)
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