17.12.08

LA PRODUTTIVITÁ? COLPA DI FACEBOOK!

Adesso la colpa sarebbe di Facebook – o più simpaticamente di Faccialibro, non so come lo chiamiate. La produttività ne risentirebbe. Il social network «distrae, meglio oscurarlo». Invece di lavorare la gente si dedica al cazzeggio selvaggio su Fesibuc (altra etichetta apocrifa). Addirittura la competitività nazionale sarebbe a rischio. E via sparando.

A me questa cantilena di lagne da padroni fa davvero incazzare, perché rispecchia il vizio tutto italiano di coprire i propri drammi cronici con distorti specchietti per le allodole. Pensateci solo un attimo. 

Un Paese che tratta ignobilmente studenti e pendolari stipandoli come bestiame dentro treni puzzolenti e perennemente in ritardo; che crolla in ginocchio dopo due giorni d'acqua lasciando alla mercé del fango, dei crolli e degli allagamenti milioni di cittadini soccorsi da poche migliaia di poveri cristi; che ha edificato ovunque, disboscando senza pietà, denudando boschi e colli e invadendo argini e rive; che considera il decoro urbano una nemmeno troppo sofisticata tecnica di ruberia pubblica; che negli ultimi trent'anni ha prodotto un sistema infrastrutturale in alcune parti paragonabile solo a quelli dei paesi ex comunisti dell'Est europeo; che non ha strade ferrate (magnifica la Freccia rossa: ma chi deve andare da Porto Gruaro Terme a Molfetta? Che s'attacchi) e dove l'alta velocità è un'eccellenza da tratte redditizie. 

Un Paese, dicevo, che non ha strade, dove tutte le consolari e statali sono inevitabilmente a una sola corsia da decenni (prendete la Salaria per entrare a Roma) per non parlare delle autostrade, che costano tanto e valgono poco; che quelle poche strade praticabili che ha le abbandona in situazioni disastrose, mettendo a repentaglio la sicurezza di centinaia di migliaia di automobilisti e motociclisti costretti a pericolosi rodei fra buche profonde due metri e dislivelli stradali che creano pozze inaudite e rifà l'asfalto solo prima delle elezioni. 

Un Paese, insomma, dove i lavoratori e gli studenti arrivano in ufficio, in fabbrica, all'università o dove diavolo debbano andare stressati, già stanchi, in ritardo fisso quasi mai per loro volontà, con un'aggressività sufficiente a un assassinio di massa e insoddisfatti di chi li governa (per non aprire il capitolo politica e affari), vi pare possa additare come ragione dei propri fallimenti economici uno stupido e scarno sito internet?

5 hanno detto la loro:

Scarlett ha detto...

Caro Simone, ben ritrovato.

Tutto quello che snoccioli sulla nostra Italia che fa acqua da tutte le parti è vero.

E' anche vero però, e lo constato tutti i giorni in ufficio, che Facebook ormai è diventato una droga per tanti, una dipendenza.
Molti dei miei colleghi ci passano ORE del loro tempo lavorativo, con quantificabili effetti sulla loro produttività.

Non volendo fare di tutta l'erba un fascio, dico che ci sono sicuramente persone che ne fanno un uso più moderato, ma per chi lavora con Internet 8 ore al giorno, con una connessione libera e veloce, credimi, Facebook è di certo un elemento di distrazione notevole e pericoloso, da tanti punti di vista.

Un abbraccio
Giusy

Simone ha detto...

Ciao Giusy, mi fa piacere risentirti.

Il punto vero è che non dovremmo star qui a parlare di Facebook, ma di tutto ciò che di reale e concreto rende la nostra produttività lavorativa inferiore alla media europea. A mio avviso, Facebook è un semplice aggregatore di contatti che, a ben pensare, potrebbe anche produrre un effetto benefico sotto il profilo amicale e quindi, di conseguenza, lavorativo. i problemi veri sono altri. Alcuni dei quali ho tentato di elencare nel post.

Un abbraccio.
S

Anonimo ha detto...

credo invece che il fatto richiederebbe un'analisi meno semplicistica..
1. il fatto che sia proprio questo marchio a venire chiamato in causa, con riferimento al potere dei suoi proprietari.. ennesima pubblicità (tant'è vero che la voce gira)? a ben pensarci le fonti di distrazione sono innumerevoli, perché un filtro solo su quel nome..
2. invece di chiedersi quali siano le origini di questo coinvolgimento e popolarità, dove portino e cosa riflettano, si propone di chiuderlo.. e non pensarci più? la censura ha sempre funzionato da stimolante..
3. si tratta veramente di uno strumento di scambio? tra chi e chi, però? e come?
4. perché invece di preoccuparsi di altro molte persone si dedicano compulsivamente a questa pratica?
5. quali sono le modalità di espressione al suo interno?
6. la psicologia sottesa è banale e allo stesso tempo non lo è.. quali benefici offre, e cosa prende in cambio?

ecc.

sicuramente i problemi sono anche altri, e più gravi, ma forse non sono scollegati da questo, se l'uno si fa garante dell'altro. si tratta di qualcosa di altrettanto reale e concreto.

Anonimo ha detto...

ciao Simone... ti volevo solo segnalare questa notizia:

http://it.notizie.yahoo.com/7/20090313/tbs-crisi-economica-sacconi-giovani-sian-bbbdc99.html

(non trovo più quello scritto in cui parlavi di scienze della comunicazione -non ricordo se era qui o in lista collaboratori rockit- mi era rimasto impresso, e poi oggi leggo questa splendida uscita ministeriale... bah...)
ciao, un abbraccio
mariz

bera05 ha detto...

Sono pienamente d'accordo con te!!
Da tutte le parti hanno oscurato facebook per il banale pensiero che possa far lavorare meno! Ipocrisia bella e buona del tipo stalinista! Il mondo del lavoro è così povero di spirito da non riuscire neanche a capire chi lavora e chi no! Allora togliendo tutto a tutti pensa di sistemare le cose!! Ipocriti e stupidi chi non vuole lavorare non lavora e basta, e nessuno riesce a fagli cambiare idea facebook o no!

Ciao.

berardo